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Il mercato delle bevande, rappresentato da quelle che vengono definite bevande analcoliche e succhi di frutta, continua ad espandersi in termini di diversità e dimensioni, con una varietà sempre più ampia di prodotti. Ciò ha aumentato il potenziale di problemi di deterioramento. Precedentemente, la maggior parte delle bevande analcoliche erano mezzi poveri di nutrienti che erano attaccati da relativamente pochi organismi – di solito lieviti e alcuni batteri e funghi resistenti agli acidi.
Molte bevande erano gassate, il che ha spostato la flora di deterioramento verso quegli organismi che tollerano l’anidride carbonica. Mentre oggi, molti prodotti sono ormai fermi (non gassati) e valorizzati dall’aggiunta di bassi livelli di succo di frutta, che tende a consentire una flora di deterioramento simile a quella dei succhi di frutta puri. L’uso di materie prime sempre più esotiche porta sempre più alla scoperta di organismi di deterioramento insoliti. I lieviti in generale, e Zygosaccharomyces bailii in particolare, rimangono comunque i principali organismi di deterioramento, a causa della loro fisiologia generale e resistenza ai conservanti acidi organici. I problemi microbici all’interno delle bevande analcoliche e dei succhi di frutta possono essere suddivisi in due gruppi:
1_ deterioramento del prodotto da parte di organismi generali;
2_ contaminazione del prodotto da parte di agenti patogeni che producono intossicazione alimentare.
Ci sono stati relativamente pochi casi di intossicazione alimentare nei succhi di frutta o nelle bevande analcoliche, ma il deterioramento microbico è molto comune.
C’è una vasta gamma di bevande analcoliche e succhi di frutta in vendita e molti metodi per la loro produzione. Le bevande analcoliche possono essere gassate, non gassate con o senza succo di frutta aggiunto e, spesso, con l’aggiunta di conservanti e acidi organici. Possono essere riempiti su linee di riempimento standard, o linee di confezionamento asettico. I succhi di frutta, i concentrati di succhi di frutta e i nettari di frutta possono essere freschi, non pastorizzati o pastorizzati, quindi riempiti a caldo e in asettico. Ognuno di questi prodotti e tipi di lavorazione può essere associato a una flora microbica unica. La tecnologia che utilizza il trattamento ad alta pressione (HPP) è stata utilizzata per produrre succhi di frutta “pastorizzati a freddo”. Questi hanno il vantaggio di una sensazione di succo fresco in bocca, ma con la distruzione degli agenti patogeni e della maggior parte degli agenti di deterioramento, migliorando la durata di conservazione di un prodotto essenzialmente fresco. Gli effetti sinergici dell’alta pressione e degli oli essenziali – ad esempio, limonene e carvacrolo (monoterpene fenolico presente nell’olio essenziale di origano e di timo) sono stati studiati per fornire un aumento della sanificazione nei succhi di frutta. Anche i campi elettrici pulsati (PEF) sono stati utilizzati in modo simile come metodo di elaborazione più leggero. Altre tecniche non termiche per bevande analcoliche includono luce pulsata e ultrasuoni, irradiazione UV ripetitiva e ultrafiltrazione. Le recenti tendenze per i gusti nuovi ed esotici, provenienti da basi di approvvigionamento sempre più remote, hanno significato che vi è una maggiore probabilità che organismi di deterioramento insoliti vengano importati con le materie prime. Inoltre, la tendenza al “clean label” ha comportato anche che, ove possibile, le bevande analcoliche sono prive di conservanti e, spesso, solo leggermente lavorate, per ridurre al minimo la distruzione di questi nuovi e spesso delicati sapori. Questi prodotti devono essere refrigerati, a causa della leggera lavorazione leggera o dell’assenza dei conservanti. I frutti esotici possono anche essere meno acidi di quelli tradizionalmente usati, il che li rende più suscettibili al deterioramento. Gli stessi problemi di lavorazione e conservazione aumentano con l’incremento della popolarità di bevande con ingredienti nutrizionali aggiunti (per esempio le bevande isotochiche, per la salute o per la bellezza), e questo è dovuto alla natura dei loro ingredienti. Alcuni prodotti possono avere un pH neutro, e in molti casi, anche bassi livelli di zuccheri compensati dall’uso di dolcificanti intensivi più o meno naturali.
Le bevande analcoliche gassate, come l’aranciata e la limonata, sono di solito troppo acide per la crescita della maggior parte degli organismi, così che il deterioramento è generalmente dovuto a specie resistenti alla carbonatazione come Dekkera anomalus. I lieviti di solito richiedono una fonte di carbonio, come uno zucchero esoso, una fonte di azoto, come amminoacidi o sali di ammonio, sali semplici (fosfato, solfato, ioni di potassio e magnesio), oligoelementi e vitamine. Alcuni lieviti hanno particolari esigenze zuccherine – ad esempio, Z. bailii e Z. rouxii non possono utilizzare il saccarosio. Gli zuccheri hanno un effetto protettivo sulla resistenza al calore di lieviti e batteri, e questa deve essere una considerazione importante a concentrazioni più elevate di zucchero. Le bevande analcoliche sono spesso povere di azoto ma, l’aggiunta di succo di frutta aumenta notevolmente il potenziale di deterioramento. Alcuni lieviti, ad esempio Dekkera bruxellensis, possono utilizzare il nitrato. I livelli di fosfato sono spesso bassi mentre i minerali sono soddisfacenti, in particolare nelle aree di acqua dura. Il basso valore di pH delle bevande analcoliche e dei succhi di frutta, pH 2,5-3,8, inibisce la maggior parte dei batteri, ma lascia inalterati i lieviti. Nelle bevande analcoliche e nei succhi di frutta, i livelli di ossigeno e di CO2 sono generalmente bassi, quindi il deterioramento è dovuto agli anaerobi facoltativi (organismi che possono crescere con o senza ossigeno). L’aggiunta anche di piccole quantità di succo di frutta a qualsiasi prodotto lo rende più sensibile alla crescita microbica, poiché gli zuccheri della frutta aumentano il rischio di crescita del lievito. La crescita microbica può richiedere del tempo per iniziare dopo la lavorazione e l’imballaggio; ma se dopo la lavorazione e l’imballaggio della bevanda ci sono dei microorganismi “sopravvissuti”, o contaminanti entrati post processo, essendo la durata di conservazione a temperatura ambiente abbastanza lunga, può esserci tutto il tempo per lo sviluppo di problemi microbici. Nelle bevande gassate invece, la crescita batterica di muffe e aerobica è molto improbabile, poiché questi organismi sono molto sensibili alla CO2 .
Generalmente per inibire i microrganismi aerobici, la CO2 richiesta è di 3,3 g/l e oltre, per esempio, la maggior parte dei batteri e delle muffe mostra un’inibizione crescente man mano che il livello di CO2 aumenta fino a 6,5-6,9 g / l. A questo livello, tutti tranne i lieviti sono normalmente inibiti. La recente tendenza verso l’uso di imballaggi in polietilene tereftalato (PET) presenta i suoi problemi. Sebbene la maggior parte dei contenitori in PET possa essere riempita a caldo a 85°C, per alcuni non è possibile, il che significa che il riempimento a caldo è escluso. Il processo di soffiaggio può generare una carica statica sulla bottiglia, che può consentire alle spore di muffa trasportate dall’aria di attaccarsi alla bottiglia, e se questi sono resistenti al calore, possono sopravvivere al processo di riempimento a caldo, crescendo e causando deterioramento durante la durata di conservazione del prodotto. La soluzione potrebbe essere quella di sciacquare le bottiglie con aria sterile o acqua prima del riempimento. I contenitori in PET sono anche permeabili all’ossigeno, il che consente la crescita di agenti di deterioramento aerobico.
Molti microrganismi si trovano nelle bevande analcoliche come contaminanti ambientali o delle materie prime, ma relativamente pochi possono crescere all’interno dell’ambiente acido e a basso contenuto di ossigeno. I lieviti sono il gruppo più significativo di microrganismi associati al deterioramento delle bevande analcoliche e dei succhi di frutta. Il deterioramento viene solitamente notato dalla produzione di sottoprodotti metabolici (ad esempio CO2 ) e lo sviluppo di composti acidi. Questi possono dare luogo a sapori sgradevoli, odori o cambiamenti nella sensazione in bocca del prodotto. Potrebbe anche esserci una crescita visibile, ad esempio lo sviluppo di una certa torbidità in un prodotto normalmente trasparente, ancor peggio, se la fermentazione è abbastanza vigorosa, ci può essere il rigonfiamento o la rottura dei contenitori.
La frutta e i succhi di frutta sono comunemente contaminati da lieviti e muffe provenienti dall’ambiente e dagli insetti. Gli zuccheri e gli sciroppi di zucchero sono comunemente contaminati da lieviti osmofili (ad esempio Z. rouxii). La crescita è lenta nelle soluzioni concentrate, ma anche solo una cellula è sufficiente a causare il deterioramento. L’acqua e altre sostanze chimiche sono tutte potenziali fonti di contaminazione microbica, così come gli aromi e i coloranti. Gli aromi sono ora per lo più a base di solventi alcolici o altri solventi non acquosi e sono, di conseguenza, raramente una fonte di contaminazione. Anche i macchinari di processo e le linee di riempimento sono particolarmente problematici e un’igiene rigorosa è essenziale.
Attualmente si conoscono oltre 800 specie di lieviti, ma solo una decina sono comunemente associate al deterioramento degli alimenti, preparati in fabbriche che applicano buoni standard di igiene e utilizzano conservanti chimici correttamente applicati. Altri si trovano se qualcosa va storto durante la produzione, per esempio un livello di conservazione errato, scarsa igiene o materie prime di scarsa qualità.
I lieviti fermentanti sono molto resistenti alla CO2, mentre i lieviti che formano i film sono più sensibili alla CO2. Gli effetti tipici del deterioramento da lievito includono lo sviluppo di segni di contaminazione, come produzione di acido acetico (aceto), di etanolo burroso, di acetoina e diacetile, anche la produzione di gas, o la torbidità sono segnali di deterioramento da lieviti.
I lieviti che causano deterioramento nell’industria delle bevande analcoliche, in letteratura vengono descritti da un semplice schema di classificazione che li divide in quattro categorie, designate come Gruppi 1-4:
Gruppo 1
vengono descritti come organismi di deterioramento che sono ben adattati alla crescita nelle bevande analcoliche, e sono in grado di causare deterioramento da numeri di cellule molto basse (a volte anche solo una cellula per contenitore). Le caratteristiche dei lieviti del gruppo 1 sono l’osmotolleranza, la fermentazione aggressiva, la resistenza ai conservanti (in particolare acidi organici deboli) e il fabbisogno di vitamine. Z. bailii è un tipico esempio di questo gruppo.
Gruppo 2
sono indicati come lieviti in grado di causare il deterioramento delle bevande analcoliche, ma solo e se qualcosa va storto durante la produzione, ad esempio, un livello troppo basso (o assenza) di conservanti, l’ingresso di ossigeno, il fallimento della pastorizzazione o scarsi standard di igiene. Gli organismi del gruppo 2 sono contaminanti comuni nelle fabbriche, ma possono essere severamente limitati se le buone pratiche di fabbricazione (GMP) vengono tenute sotto controllo.
Gruppo 3
Sono per lo più indicatori di scarsi standard igienici. Questi lieviti non crescono di norma nelle bevande analcoliche, anche se sono presenti in numero elevato, e tipicamente presenti in molte fabbriche; più alto è il loro conteggio, peggiore è lo stato igienico della fabbrica.
Gruppo 4
vengono chiamati lieviti “alieni” perchè sono quelli che si caratterizzano per essere fuori dal loro ambiente normale. Un esempio potrebbe essere Kluyveromyces lactis, un lievito di deterioramento del latte, che fermenta il lattosio, non il glucosio o il fruttosio.
Esempi di lieviti comuni di ciascun gruppo:
Gruppo 1
resistenti ai conservanti
Gruppo 2
deterioramento da igiene
Gruppo 3
deterioramento da igiene molto mediocre
Gruppo 4
deterioramento da lieviti “alieni”
Fonti: Sulla base di Davenport (1996); Stratford e James (2003).
Debaryomyces hansenii
Dekkera bruxellensis
Hanseniaspora uvarum
Issatchenkia orientalis
Pichia membranifaciens
Rhodotorula glutinis, R. Rubra
Saccharomyces cerevisiae
Saccharomyces exiguous
Schizosaccharomyces pombe
Zygosaccharomyces bailii
Z. bisporus
Z. rouxii
→ cresce in condizioni di bassa attività idrica
→ produce off-flavor nella birra e nelle bevande analcoliche
→ deteriora frutta fresca e lavorata
→ resiste ai conservanti, e forma filamenti
→ resiste ai conservanti, e forma filamenti
→ contaminante comune, anche se di solito non della frutta fresca
→ contaminante comune, a volte fermenta le bevande analcoliche
→ resiste moderatamente ai conservanti, deteriora le olive in salamoia, a volte lo si trova in succhi e bevande analcoliche
→ resiste ai conservanti, ma lo si trova raramente
→ estremamente resistente ai conservanti, fermentativo dell’acido in prodotti liquidi conservati, bevande analcoliche, succhi di frutta, sidri e salse
→ resiste ai conservanti, ha caratteristiche intermedie tra Z. bailii e Z. rouxii
→ cresce a bassissime attività idriche, fermenta succhi concentrati, miele, marmellate, frutta secca, e dolciumi
Debaryomyces hansenii → cresce in condizioni di bassa attività idrica
Dekkera bruxellensis → produce off-flavor nella birra e nelle bevande alcoliche
Hanseniaspora uvarum → deteriora frutta fresca e lavorata
Issatchenkia orientalis → resiste ai conservanti, e forma filamenti
Pichia membranifaciens → resiste ai conservanti, e forma filamenti
Rhodotorula glutinis, R. Rubra → contaminante comune, anche se di solito non della frutta fresca
Saccharomyces cerevisiae → contaminante comune, a volte fermenta le bevande analcoliche
Saccharomyces exiguous → resiste moderatamente ai conservanti, deteriora le olive in salamoia, a volte lo si trova in succhi e bevande analcoliche
Schizosaccharomyces pombe → resiste ai conservanti, ma lo si trova raramente
Zygosaccharomyces bailii → estremamente resistente ai conservanti, fermentativo dell’acido in prodotti liquidi conservati, bevande analcoliche, succhi di frutta, sidri e salse
Z. bisporus → resiste ai conservanti, ha caratteristiche intermedie tra Z. bailii e Z. rouxii
Z. rouxii → cresce a bassissime attività idriche, fermenta succhi concentrati, miele, marmellate, frutta secca, e dolciumi
Precisazione sui loro nomi
Uno degli aspetti più confusi della tassonomia delle muffe e dei lieviti è la frequenza con cui i nomi vengono cambiati. Molti lieviti e muffe hanno stadi sessuali e asessuati che possono avere nomi diversi. A volte, l’associazione di un lievito con un particolare genere viene riconosciuta come errata e si verifica quindi un cambio di nome. La tendenza attuale è quella di nominare l’organismo con il nome sessuale, con lo stadio asessuato, come sinonimo. Così, Candida famata (asessuata) diventa Debaryomyces hansenii (sessuale). È importante essere a conoscenza di questa variazione dei nomi, soprattutto quando si conducono ricerche bibliografiche. Inoltre, i nomi non sempre riflettono il potenziale di deterioramento, per esempio, Saccharomyces cerevisiae è un lievito importante per l’industria della birra e della panificazione, ma un disastro per l’industria delle bevande analcoliche e dei succhi di frutta.
Nome Corrente
Sinonimo
I batteri che sono stati associati con il deterioramento nell’industria delle bevande analcoliche includono Acetobacter, Alicyclobacillus, Bacillus, Clostridium, Gluconobacter, Lactobacillus, Leuconostoc, Saccharobacter, Zymobacter e Zymomonas. La maggior parte degli agenti di deterioramento batterico si trovano esclusivamente nelle bevande piatte, ad eccezione dei batteri lattici. Sebbene il Clostridium sia un anaerobo, non può crescere in prodotti gassati perché il pH di questi prodotti è troppo basso. Gluconobacter, è un genere di batteri della famiglia dei batteri dell’acido acetico e, sono agenti di deterioramento comuni nei succhi di frutta. Sono aerobi rigorosi, che richiedono ossigeno libero. Il deterioramento da parte dei batteri dell’acido acetico può portare a una nota acida, acetosa, torbidità, presenza di filamenti, e produzione di acido gluconico, acido acetico e acetoina. I batteri dell’acido lattico possono produrre acido lattico e diacetile, che possono conferire un sapore burroso e di formaggio. Si possono anche notare, la produzione di gas, la nuvolosità e la comparsa di filamenti.
Il deterioramento dell’Alicyclobacillus è un problema importante nei succhi di frutta trattati termicamente perchè il batterio si trova comunemente nella frutta sul campo. La crescita dell’organismo è associata alla produzione di contaminanti antisettici all’interno del succo. Il primo è dovuto al 2,6‐dibromofenolo e al guaiacolo (2-metossifenolo) che conferisce un certo sapore. Lo shock termico, la presenza di precursori contaminanti, la temperatura di incubazione e l’ossigeno sono tutti fattori importanti per la riproduzione degli Alicyclobacillus. Si sono notate inoltre, associazioni tra lo di sciroppo di mais ad alto contenuto di fruttosio e la presenza di questi batteri. Questo vale anche per il succo di mela e di arancia. L’ Alicyclobacillus acido terrestris è un batterio acidofilo termotollerante, oltre ad essere un aerobo rigoroso, forma spore che possono sopravvivere ai trattamenti termici del succo di frutta, e possono crescere durante la conservazione. Il deterioramento può verificarsi da livelli di inoculo fino a 1 spora per 10 ml. I minimi e i massimi di crescita sono a temperature tra i 26 e i 50°C, ed a un pH minimo di 2. Un controllo efficace della crescita di questa specie può essere ottenuto: mediante un rapido raffreddamento del succo al di sotto dei 20°C dopo la pastorizzazione, con l’uso di sorbato o benzoato, con la rimozione di ossigeno, con l’aggiunta di acido ascorbico, o utilizzando un appropriato regime di pastorizzazione. Il batterio non cresce in prodotti gassati, e anche la disinfezione superficiale della frutta con cloro o perossido al 4% si è dimostra efficace.
Il Propionibacterium cyclohexanicum è un altro batterio sporigeno resistente al calore che è stato associato al succo d’arancia pastorizzato, in cui causa un sapore sgradevole. Può sopravvivere a processi termici di 95°C per dieci minuti.
I problemi dovuti alle muffe possono essere suddivisi in due tipi: 1) la crescita di una varietà di muffe a causa della scarsa igiene all’interno della fabbrica, 2) la crescita di muffe resistenti al calore all’interno di succhi trattati termicamente.
Il primo tipo può causare macchie, scolorimento e altri problemi generali associati alla crescita grossolana della muffa, mentre il secondo tipo può comportare una lenta crescita della muffa all’interno del prodotto lavorato. C’è una certa sovrapposizione tra i due gruppi. I funghi xerofili (altamente tolleranti allo zucchero) per esempio, sono probabilmente i contaminanti più probabili se l’igiene è scarsa. Nel primo caso, qualsiasi muffa aerodispersa può contaminare i prodotti finiti, ma i generi con sporogenesi più accentuata sono i più comuni. Tra questi troviamo: Penicillium, Alternaria, Cladosporium, Aspergillus, Eurotium e Fusarium). Le muffe resistenti al calore in grado di causare il deterioramento di succhi di frutta e bevande analcoliche includono invece, Aspergillus ochraceus, Aspergillus tamarii, Aspergillus flavus, Byssochlamys nivea, Byssochlamys fulva, Paecilomyces variotii, Neosartorya fischeri, Eupenicillium brefeldianum, Phialophora mustea, Talaromyces flavus, Talaromyces trachyspermus e Thermoascus aurantiacum. Altre muffe sono Penicillium notatum, Penicillium roquefortii e Cladosporium spp.. Queste sono in grado di sopravvivere ai tipici processi termici di molte bevande analcoliche e succhi di frutta, per esempio, a 72-80°C per 10-20 minuti durante la pastorizzazione a tunnel o in una pastorizzazione flash di 90-95°C per 30-90 secondi. Il deterioramento causato dalle muffe all’interno della fabbrica è normalmente associato a una scarsa igiene.
Molte delle muffe di cui sopra si trovano sui frutti prima e dopo il raccolto. La maggior parte delle muffe richiede ossigeno per crescere, e molte muffe resistenti al calore come Penicillium roquefortii possono crescere usando ossigeno disciolto mentre Paecilomyces variotii può crescere in condizioni quasi anaerobiche. Tuttavia, anche quelle che tollerano bassi livelli di ossigeno e alti livelli di anidride carbonica di solito, non sono in grado di crescere in prodotti gassati.
Le micotossine sono metaboliti secondari tossici prodotti da funghi che crescono all’interno o sugli alimenti. Possono costituire una seria minaccia per la salute umana e animale. Nella tabella sotto sono descritte le micotossine associate alla produzione di bevande analcoliche e succhi di frutta e alle loro materie prime. La patulina è la micotossina più comune associata al succo di frutta, e in particolare al succo di mela. Si verifica comunemente se il succo viene prodotto da mele immagazzinate. La crescita della muffa nelle mele infette aumenta con il tempo, aumentando i livelli di patulina. Evitare mele infette, filtrare il succo e pressare rapidamente dopo la raccolta dei frutti sono tutti metodi per ridurre l’incidenza della patulina nel succo. La patulina può essere distrutta mediante la fermentazione in sidro, o tramite l’aggiunta di acido ascorbico.
E.coli ed enterococchi sono stati isolati da succhi di agrumi non pastorizzati, mentre il succo di mela non pastorizzato è stato associato a Cryptosporidiosis, causata da Cryptosporidium parvum. Alcuni autori riportano che l’ E.coli, Salmonella enterica, L. monocytogenes e S. aureus non vengono uccisi immediatamente quando inoculati nelle cole gassate, per esempio, l’E. coli e la Salmonella riescono a sopravvivere fino a 48 ore.
Escherichia coli
Ci sono stati numerosi casi di intossicazione alimentare associata alla contaminazione del succo di mela fresca da E. coli patogeno O157; questo batterio è stato trovato per essere in grado di crescere in succo di mela con pH basso, e potenzialmente con una basso dosaggio infettivo (100 cellule). Questo, insieme all’occasionale ma grave effetto collaterale della sindrome emolitico-uremica, rende E. coli O157 un grave pericolo all’interno dei succhi non pastorizzati. Motivo per il quale i succhi non pastorizzati non sono generalmente visti sul mercato europeo.
Salmonella
La Salmonella è generalmente un problema solo nei succhi di frutta freschi e non pastorizzati, a causa della sua bassa tolleranza termica. Ci sono stati tre principali focolai di salmonellosi, tutti da succo d’arancia non pastorizzato, negli Stati Uniti, in Canada e in Australia, coinvolgendo 62, 298 e 400 casi segnalati nel 1995 e nel 1999; erano coinvolte Salmonella Hartford, Salmonella Muenchen e Salmonella Typhimurium. I principali fattori di rischio erano associati alla fertilizzazione dei prodotti agricoli; le colture venivano coltivate in frutteti dove pascolavano le pecore, e venivano spesso utilizzati frutti caduti, consentendo la contaminazione dei frutti. Inoltre, nella fabbrica si era verificata una scarsa decontaminazione della frutta; l’acqua di lavaggio, il controllo dei parassiti all’interno della fabbrica, la pulizia delle cassette di frutta e dei nastri trasportatori si dimostrarono tutti di basso livello e/o di scarsa qualità. I dati indicarono che la Salmonella può sopravvivere fino a 300-968 giorni nel suolo concimato con liquami animali.
Tutti i microrganismi mostrano un modello di crescita di una fase di ritardo, seguita da una crescita esponenziale, una fase stazionaria e infine una fase di declino e morte. La chiave è estendere la fase di ritardo, o fase di crescita lenta, per tutti i microbi che sopravvivono al processo o si ricontaminano dopo la lavorazione, in modo da poter raggiungere la durata di conservazione prevista. Come già anticipato notato sopra, le muffe resistenti al calore possono sopravvivere alle normali condizioni di pastorizzazione acida per bevande analcoliche e succhi di frutta. Alcuni lieviti e muffe resistenti ai conservanti non crescono solo in presenza dei conservanti organici dell’acido sorbico e dell’acido benzoico, ma possono anche degradare il conservante, e questo può consentire anche ad altri organismi deterioranti di crescere. Un altro gruppo di organismi resistenti ai conservanti metabolizza l’acido sorbico in 1,3-pentadiene, producendo il cosiddetto “sapore di cherosene”. Una serie di funghi, tra cui Trichoderma spp., P. variotii, Penicillium chrysogenum, Penicillium simplicissimum, Penicillium crustosum e Aspergillus niger, e i lieviti Z. rouxii e D. hansenii, sono stati associati a questo problema. L’acido benzoico non più così tanto utilizzato nell’industria delle bevande analcoliche. La riduzione dell’uso di acido benzoico è in gran parte dovuta alla produzione di benzene dalla reazione tra acido benzoico, acido ascorbico e calore, nonostante la reazione sia inibita dagli zuccheri. La decarbossilazione dell’acido benzoico può verificarsi in presenza di acido ascorbico, di un catalizzatore di metalli di transizione (ferro o rame) e di calore. Questo ha portato ad un aumento dei problemi di deterioramento, poiché l’acido benzoico è un conservante più efficace dell’acido sorbico.
Le misure di controllo comprendono il mantenimento della pulizia delle apparecchiature, il controllo della temperatura di stoccaggio, l’immersione in acqua calda, l’uso di disinfettanti chimici, tensioattivi e cere superficiali (in particolare sulle arance) e l’irradiazione UV. Il conservante chimico dimetidicarbonato (Velcorin) è stato utilizzato per “pastorizzare a freddo” i succhi freschi per ridurre la carica microbica, riducendo al minimo l’uso di anidride solforosa. Anche HPP, PEF e luce ultravioletta sono stati studiati come misure di controllo. Bisogna però tenere presente che questi sono, nella migliore delle ipotesi, trattamenti di pastorizzazione che non hanno effetti sulle spore batteriche. La modellizzazione del lievito e della crescita batterica è stata utilizzata come tecnica per determinare l’efficacia dei conservanti e di altri regimi di controllo. Le buone pratiche igieniche e il rispetto delle GMP sono le misure di controllo più efficaci per la contaminazione microbica nell’industria delle bevande analcoliche, in particolare per i lieviti. I residui di zucchero e di frutta sono fonti alimentari ideali per lieviti e muffe.
L’approccio HACCP (Hazard Analysis and Critical Control Point) è stato adottato dai trasformatori alimentari di tutto il mondo. In Europa, i coltivatori, i distributori e le case di confezionamento devono soddisfare i protocolli EUREPGAP se desiderano essere certificati per vendere i loro prodotti a determinati mercati o acquirenti affermati. È necessario stabilire e attenersi a specifiche ragionevoli, per ridurre al minimo la probabilità di problemi microbici.